sabato 30 aprile 2011

Ascolti di seconda mano: The Kings of Limbs - Radiohead


Un ascolto volutamente ragionato e tardivo.
Perchè se sono gli stessi artisti, in questo i caso i Radiohead più di altri, a rivoltare le regole del mercato discografico, noi ci permettiamo di non dare seguito a quella frenesia di opinione che pervade il web, dove spesso un disco viene stroncato dal singolo o da un primo distratto ascolto.
Anche perchè parliamo, piaccia o meno, della band più importante di questi ultimi anni, che poi ormai sono almeno una quindicina, l'unica in grado di dare alla luce una discografia variegata, coraggiosa, fuori dagli schemi, coinvolgendo un grande pubblico.
Così, dopo il bel In Rainbows, il quintetto inglese dà alla luce con un preavviso di pochi giorni un album, che poi è un grosso ep: The Kings of Limbs.
La notizia è questa: l'avevano detto di volere smettere con il percorso album-tour-album-tour e infatti regalano otto pezzi, più i due appena usciti per un vinile in poche copie in occasione del Record Store Day.
Noi li consideriamo opera unica e di questi dieci brani diciamo che...buon disco rilassato.
L'impressione è questa: che non ci sia più bisogno del perfetto brit rock (The Bends) dell'opera rock (Ok Computer) o delle rivoluzioni artistiche e sonore (Kid A / Amnesiac).
Così, c'è solo voglia di scrivere pezzi e darli alle stampe.
Il disco è diviso in due parti. La prima da "Bloom" a "Feral" è di chiare influenze dubstep (confermate dalle collaborazioni di Thom Yorke con Burial e Four Tet) ma non suona "al seguito di" perchè sono gli stessi Radiohead dieci anni fa ad avere inserito l'elettronica e una certa attitudine che solo dopo si sono canalizzate in altri percorsi e generi.
Suoni ben padroneggiati, dunque, anche se manca il guizzo perfetto.
Poi il tutto si schiude: i cinque minuti di Lotus Flower sono una idioteque dei giorni nostri, con un cantato efficace, Codex una ballata a metà tra Pyramid Song e Videotape (nomi non da poco, ne converrete) Give up The Ghost e Separator altri giochi di suoni a ritmi rallentati, che suonano come estensioni dei momenti migliori di In Rainbows.
E poi ci sono i due inediti, una Supercollider di sette minuti vicina ai pezzi di The Eraser, l'album solista di Yorke e The Butcher, apprezzatissima dai fan perchè riporta tutti i vari elementi al loro posto, si sentono batteria, un basso cupo e minaccioso in questo brano vicino (azzardiamo) a certe incursioni oscure dei Massive Attack, pezzo che si preannuncia di grande impatto dal vivo.
In conclusione, concludiamo poco: un buonissimo album, non un capolavoro, un lavoro rilassato e molto moderno per suoni, piacevole da ascoltare e che ci dice semplicemente che i Radiohead hanno ancora molto da dare.
E scusate se è poco.
Radiohead - The Butcher by ianbhoy

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