Da fuori, pare un bar. Un lungo tavolo, sulla sinistra, ne suggerisce chiaramente l'impronta di luogo per bere, con un certo gusto.
Sulla destra però, una piccola sala ("ristorante") una cucina (definibile acquario, totalmente di vetro trasparente) e una zona live con palco piccolo ma curato fanno pensare a qualcosa di più: un luogo, ecco.
La sala biliardo, a fondo sala, il bagno a cui si accede da una specie di porta finestra e la rampa di scale che porta ad una intima zona sopra elevata e che passa incurante tra la fine dell'acquario e il palco, fanno pensare a sei o sette pezzi, dal design in parte pure diverso tra loro, incastonati tra loro, che creano un qualcosa di nuovo.
Funziona però: certo, se chiedi qualcosa sul concerto, ti rispondono di chiedere alla persona che organizza la parte artistica, e se la cerchi dal vivo scopri che è quella signora che sta cucinando per tutti e che con fare
Sembra un luogo comunista, in sostanza, degli anni ottanta, di gusto ma non elegante, dove mangi bene anche se non sembra, dove c'è qualità in cocktail ed alcolici, ma la clientela è più quella del bar del centro di Faenza.
Fatto sta che, siamo qui, in questa allegra città, per chiudere un cerchio, aperto da otto anni, da una incantevole apertura datata 2009, al Covo di Bologna, prima di Get Well Soon, chiamata Dear Reader.
Una volta progetto a due, ora in sostanza solista di Cherilyn Macneil, una ragazza piuttosto dolce ed intensa, letteraria in un qualche modo, che viene dal Sud Africa, vive a Berlino e gira in un tour con una batterista russa, una tastierista americana e un violinista della Sardegna: cose che solo la musica può regalare, è una certezza.
E insomma, visto che Dear Reader, in fondo, avevo provato a farla suonare io, a Ferrara, senza riuscirci, e che siamo venuti in contatto via mail, ci vado, al "ristorante" a disturbare questa Cherilyn per farci due chiacchere.
Un quarto d'ora è troppo da riportare parola per parola, ma diverse sono le cose interessanti che ci siamo potuti raccontare.
In una intervista che leggevo venendo al concerto, dove ti chiedevano quanto fosse coraggioso mettersi così a nudo in una canzone, rispondevi che non lo è tanto scrivere la canzone, quanto pubblicarla e cantarla in pubblico.
E non vorrei chiederti come scrivi le canzoni, lo fanno tutti, sarebbe noioso, ma perchè scrivi una canzone, cosa ti porta, ora, oggi a scriverla.
Sai, dipende. Alcune volte, semplicemente arriva. Non so esattamente come, perchè la sto cantando, in un qualche modo arriva.
Ma è una immagine, un sogno, una poesia?
E' qualcosa che già esiste, in un qualche modo la prendo e la faccio mia. Certo, qualche volta è qualcosa di più deliberato, quando ho scritto Rivonia avevo deciso di scrivere un album in quella maniera, di parlare di quell'argomento, mi sono seduta e ho deciso di farlo: è un'altra maniera ancora.
All'inizio è sempre qualcosa che nasce per me, non penso ad altro.
Certo, con il tempo si può provare a mettersi seduti e decidere di scrivere musica, ma è sempre qualcosa che nasce da un'esigenza, di profondo.
Non è come dire "scrivo una canzone per la radio", non è facile nemmeno decidere che tipo di musica possa uscire. Ad esempio a me piacciono anche altri generi musicali, anche musica più pesante, ad esempio, conosci i Deerhoof?
Certo!
Ecco, mi piacciono, però non è che sono in grado di decidere che tipo di musica posso scrivere, quel suono non lo potrei scrivere io.
Possiamo dire che ci sono cose che ci piacciono e cose che possiamo produrre, non sempre coincidono.
Esatto, si. In un qualche modo è come se questa fosse la mia voce unica per il mondo.
Parliamo della linea, durante questi anni di carriera, dall'esordio datato 2008 all'ultimo disco, Day Fever e di come l'evoluzione di questo percorso sia un pò lo specchio della crescita, del diventare donna.
Questa totale onestà, questo mettersi a nudo mi fa venire in mente di chiederle che sensazione è, come ad esempio questa sera, suonare in un piccolo locale, davanti a cinquanta o cento persone, che probabilmente faticheranno a capire i testi, quanto è difficile mettersi a nudo in questo modo.
Cheryl racconta come a suo modo possa essere più semplice, ma allo stesso tempo descrive l'importanza delle parole nel percorso artistica, almeno il 50% del significato della canzone è nelle liriche e si augura che anche di fronte ad un pubblico non madrelingua possa in qualche modo trasmettersi l'energia, arrivare la sensazione di ciò che viene cantato.
Mentre ero in macchina pensavo: non voglio chiederle, come si fa sempre, con quale artista vorrebbe collaborare. Quello che ti vorrei chiedere è: qual'è l'artista con cui vorresti collaborare..ma che non ammetteresti mai? Qual'è il tuo guilty pleasure?
L'artista che quindi non ammetterei mai?
Si, tipo Justin Timberlake.
Oddio, no! (ride).
E' troppo facile dire Bjork!
Non saprei. Da una parte mi viene in mente una passione della mia infanzia, la band Chicago. La band vecchia! Dall'altra parte... pensandoci...forse il mio guilty pleasure sarebbe cantare in un musical!
Oddio, quelle cose in cui la gente inizia a cantare da un momento all'altro, sale sul tavolo e balla, senza motivo.
Si! Il mio preferito è My Fair Lady!
Parliamo quindi della sua passione per i vecchi musical. Le racconto del mio orgoglio, lo scorso anno, nel portare mia moglie a vedere La La Land, pluripremiato e il suo totale sdegno e non apprezzamento (nemmeno Cheryl è riuscita a vederlo) e conveniamo su Chicago, raro esempio di musical in grado di piacere veramente a tutti.
Le consuete chiacchere sull'ottimo cibo italiano, che quasi ti obbliga a riempirci di cibo portano a racconti di artisti passati da queste parti con evidenti segni di apprezzamento verso la nostra cucina (non ne faremo i nomi, per preservare l'aura del grande nome).
E poi è ora del live (vabbè, arriveranno le ore 23, ma la battaglia per iniziare i concerti ad umano orario, almeno durante la settimana, è persa in partenza).
Un live che racconta una bella conferma di una ottima voce e di una proposta particolare, un cantautorato dalla buona scrittura, dagli arrangiamenti importanti e dal suono pieno che dal vivo viene reso con tutti e tre i musicisti di supporto ad aggiungere le proprie voci.
La setlist si muove con importanza verso l'ultimo disco, senza dimenticare la recente cover di Beck a sparigliare un pò le carte, e diversi estratti dal passato, come la bellissima e forse più celebre Down Under, Mining tra le punte più preziose di un ottimo live che soffre forse solo di un pubblico un pò distratto.
Ma ci sta, è mercoledì sera, l'ingresso è gratuito e la sensazione è che sia stato un regalo apprezzato da quella piccola fetta di pubblico che era, quella sera, al Clandestino, per Dear Reader.
Un gioiellino art/pop di cui non si parla troppo ma che ha fatto veramente piacere rivedere.
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