lunedì 8 aprile 2013

[Visioni] Un Giorno Devi Andare - Giorgio Diritti


Punto primo, respirare un film italiano che sappia essere internazionale è sempre bello.
Perchè, certo, la commedia guarda quasi sempre al popolo che la scrive (in altre parole l'umorismo Italiano è tale come quello francese o americano lo sono, per quanto comprensibili e divertenti da altre nazioni) ma è raro trovare un film italiano che sappia essere storia, che non parli insomma (ogni riferimento alle fiction italiane è puramente voluto) di provincia, di dialetti, di paesini, di santi, di carabinieri, che non sia macchietta di chi scrive sapendo che chi guarda si vuol riconoscere e ridere (o piangere) di sè.

Giorgio Diritti, al terzo film dopo Il Vento Fa Il Suo Giro (2005) e il premiato L'uomo Che Verrà (2009) si allontana dall'Italia sin da subito, ambientando la vicenda di Augusta, donna che perde il figlio e viene abbandonata per questo (forse) dal marito, in Brasile.
Se il tema del viaggio come percorso personale, di crescita o dopo un evento, è uno dei temi più classici di ogni scrittura, la scelta vincente di Diritti è quella di non giudicare.
Nemmeno di raccontare troppo, in fondo.
Conosciamo Augusta in barca, a fianco di una suora, in una meravigliosa prima parte di grande impatto visivo (la natura Brasiliana aiuta non poco), la seguiamo in una cittadina, dentro una piccola comunità e concludiamo in una ultima parte dove Augusta è sola, su un'isola, dove si rifugia.
Dei tanti temi accarezzati (la religione, la povertà, il capitalismo, il confronto tra la vita vissuta da chi possiede e da chi cerca di sopravvivere, l'amore, l'amicizia, la violenza) nessuna vive di un giudizio.
E questo fa vincere il film: troppo facile sarebbe stato scivolare nei pantani della retorica, sia in un senso che nell'altro, troppo facile ad esempio sarebbe stato voler fare intendere che la rinascita può avvenire dalla semplicità e dalla povertà chi non avendo niente condivide tutto o troppo facile sarebbe stato fare una critica alla nostra società.

Invece no: minuto dopo minuto, scena dopo scena, con leggeri accenni di una Augusta che pare trasportata dagli eventi come la barca sul fiume, conosciamo personaggi, situazioni, luoghi, intrecci e poi passiamo avanti.

E poi, d'un tratto il film finisce, aperto, senza voler arrivare a dirci "ecco, questo è il senso della vita".
Ben recitato, opportunamente (alleluja) sottotitolato in tutti i personaggi Brasiliani che sentiamo quindi nella loro lingua, evitando maldestri doppiaggi, il film scorre piacevole, a tratti emoziona, lascia qualcosa.
E se non è quindi, magari, un capolavoro, è pur sempre, di sicuro, un ottimo film.
Consigliato.

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