martedì 23 aprile 2013

[Ascolti] Iron & Wine - Ghost And Ghost


Sei album in undici anni di carriera non sono tantissimi, ma nemmeno poi un numero così misero.
Eppure la lunga pausa (4 anni abbondanti) che aveva fatto passare il nostro Samuel Beam dal capolavoro The Sheperd's Dog a quel Kiss Each Other Clean che aveva convinto si, ma non tutti, fa pensare che questo Ghost And Ghost sia arrivato con una certa velocità rispetto al solito.
Un disco, quello precedente, che restituiva l'immagine di un cantautore nato e divenuto famoso per un approccio tradizionale, fatto di sofisticate ballate voce e chitarra (e poco più) e pronto a diventare grande, allargando la strumentazione di parecchi livelli.
Fughiamo quindi il primo dubbio: la traccia è segnata, la direzione è quella.
E lo diciamo con una certa soddisfazione: ci sono strumenti, chitarre, fiati, ritmica, orchestrazioni in questo Ghost And Ghost.
E i pezzi?
Ci sono tutti e c'è una certa novità, per quanto sia una sfumatura: la sensazione è che Beam sia molto più felice e rilassato di un tempo.
Così, se Kiss Each Other Clean si manteneva intenso e dolente, qui partiamo subito con un uno due da viaggio in macchina, sole e una leggera brezza: The Desert Babbler, poi è un puro pop anni sessanta, luci e cori.
Poi Joy, uno di quelle ballate che sono il pane quotidiano di Iron & Wine (facile immaginarne un bel momento live).
Ma non è finita qui: violini allegri circumnavigano Grace For Saint And Ramblers e poi saltiamo appena un pò avanti nel disco, traccia sette, Singers And The Endless Song, dove piano piano esce una ritmica blues irresistibile, che fa, invece, immaginare un lungo strumentale jazz in versione live.
Si prosegue senza strappi fino a Lovers Revolution, primo estratto del disco, maggiormente complesso nella sua scrittura e che fa quasi chiudere (c'è spazio per la lenta Baby Center Stage) un disco che, a fine bilancio, non scende mai di scrittura.
Un disco che non annoia, rilassa, regala bei momenti e mantiene intatta quella qualità nello scrivere canzoni che di tanto in tanto sembrano speciali, dei piccoli classici istantanei.
Insomma: un altro centro.

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