sabato 6 aprile 2013

[Ascolti]: James Blake - Overgrown


Nella prima, omonima, canzone del suo secondo disco James Blake, ragazzo prodigio capace di conquistare critica e pubblico con il primo disco, canta "i don't wanna be a star / but a stone on the shore" (non voglio essere una stella / ma una pietra sulla costa).
Scrive, in altre parole di voler essere uno dei tanti.
Impossibile, James, impossibile: tu una star lo sei già.
Non nel senso mediatico, quello chi lo sa, ma dal punto di vista musicale, Overgrown è, insieme, una conferma ed un progresso.

Se il primo disco iniziava con la programmatica Unluck, questo inizia, appunto con Overgrown e ci dice già molto (ma non tutto): imparato il mestiere, Blake dismette quasi totalmente l'effettistica sulla voce e scrive un disco frammentato quanto compatto, intimo quanto esplorativo, riuscito quanto spiazzante.
Si contamina di hip hop, di pop, di elettronica e riesce a declinare tutto (o quasi) nel modo migliore.
Così, si è vero ci sono un paio di passaggi non indimenticabili (il featuring con Rza, non del tutto a fuoco).
Ma, diamine, cosa non è la parte centrale del disco?
Dlm, voce e piano, delicata introduzione.
Poi due bombe ritmiche, Digital Lion, dubstep anno 2013 che si chiude in una coda ritmica che sembra Feral dei Radiohead e poi Voyeur che accelera il tutto, qui si vuole ballare, cassa piena e atmosfere sognanti.
E quanto sei qui a chiederti come sei arrivato a questi battiti per minuto, ecco To The Last, dove Blake si trasveste da Thom Yorke, offre una prestazione musicale enorme e si lascia sorreggere il brano da un paio di felici quanto fugaci intuizioni: quanto finisce ti chiedi se non poteva durare ancora un pò.

E poi: Retrograde.
Volutamente ancora non nominata, brano capolavoro che chiude la questione su Blake "autore-famoso-per-una-cover", dove il giovane inglese si autocampiona (ce la ricordiamo, eccome, al concerto londinese), inizia a cantarci su e intorno al minuto e trentasette lascia perdere queste tastiere che innalzano tutto e non si fermano più, finchè un minuto abbondante dopo tornano dove erano venute e ti accorgi di cominciare a respirare di nuovo.

Insomma: Overgrown è una conferma, un grande disco, un passo avanti e in realtà un'ulteriore gettito di semi in più direzioni per questo ragazzo classe 88 che si pone già ora, senza se e senza ma, tra i grandi autori di questo decennio e forse non solo.



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