lunedì 28 ottobre 2013

[Visioni] La Vita Di Adele



Un inteso, intensissimo primo piano.
Questo è la vita di Adele, opera quinta di Abdellatif Kechiche (La Schivata, Cous Cous, Venere Nera) e vincitore quest'anno del Festival di Cannes.
Non solo: film a cui è seguita una grande coda di polemiche, per le condizioni definite massacranti sul set, per le scene piuttosto esplicite e per il tema trattato.

La vita di Adele nasce da una graphic novel (Il blu è un colore caldo) che tratteggia l'insicurezza di Adele, giovane quindicenne (all'inizio del film) in cerca della propria identità.
Non i soliti disturbi adolescenziali, Adele si sente sbagliata nel classico canovaccio di amicizie e relazioni con i ragazzi, disagio che culmina con la fuga dalla prima storia seria, quella con Thomas.
Il primo rapporto sessuale è la causa della fine della storia stessa, con il volto smarrito di Adele che si chiede cosa ci facesse lì.
Poco dopo prende il via il percorso che la porterà a conoscere e ad amare Emma.
La Vita di Adele è un film in un certo senso difficile: esibisce con una (compiaciuta?) insistenza ogni momento della ragazza (una assolutamente strepitosa Adele Exarchopoulos), lungo tre ore dove ben raramente la camera di stacca dal primo piano della ragazza, consegnandoci un mondo visto con i suoi occhi (e i soli suoi) e rendendo alla perfezione quella sensazione di smarrimento (prima) felicità ed estasi (poi) che si trova a dover affrontare la protagonista.
Che costruisce con Emma, sbarazzina, più adulta di qualche anno, dai disordinati capelli blu, la propria storia d'amore, su cui è bene dirlo, il regista non censura nulla, esibendosi anzi in più d'una sequenza di lunga durata (la prima poi...) che celano ben poco alla vista.

Difficile dire (siamo alle solite, visto l'argomento) se vi sia solo del voyerismo gratuito o se l'intento sia quello di tutto il film e cioè di mostrare una adolescenza e un percorso sulla propria identità sessuale senza nascondersi o edulcorare.

In un racconto in cui gli adulti sono famiglie di passaggio (aperta quella di Emma, chiusa quella di Adele, anche se viene stralciato via in parte il tema rispetto all'opera originale) e la difficoltà nel rapportarsi con gli altri è meravigliosamente delineata (le insicurezze, le sofferenze di Adele di fronte alla critiche intorno a lei sono assolutamente credibili) sono Adele ed Emma a (cercare di) crescere, e senza nulla svelare sull'ultima parte, a traghettarsi nell'età adulta con ogni difficoltà possibile (e realistica, per una volta).

Difficile, ad una prima visione dare un giudizio finale.
Ma siamo sicuramente di fronte ad uno dei film più interessanti dell'anno, pieno di coraggio, recitato in maniera assolutamente credibile dalle due protagonista (in particolare, si è detto, da Adele che in originale si chiamava Clementine, a compimento di un completo assorbimento, quasi fusione, tra attrice e personaggio narrato) e che riesce a mantenere un ritmo perfetto nonostante le debordanti tre ore di durata.
E anzi (il regista avrebbe voluto, le attrici pare si rifiutino) lascia in qualche modo la sensazione che non si sia detto tutto (vedi il testo originale).
E se si finisce pensando "vorrei ancora qualcosa in più" di un film così intenso, forte e lungo, il giudizio non può che essere assolutamente positivo.



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