mercoledì 9 ottobre 2013

[Serie Tv] Homeland - Scorcio di stagione tre


Che Homeland sia una serie difficile da portare avanti, è evidente.
Non ha serialità, non c'è il caso del giorno, non ci sono nemmeno momenti tesi ad allungare il brodo.
In queste prime due puntate di stagione non c'è nemmeno Brody, una assenza che pure fa rumore, per tutto ciò che si svolge mentre è fuori dalla telecamera.
E se Homeland non si era mai preso tempo, coinvolgendoci sempre più in una spirale di azione e tensione, lo fa in un certo senso in queste prime due puntate.

L'attentato alla Cia ha lasciato dietro di sè una situazione completamente nuova: l'organizzazione indebolita, Carrie fuori dai giochi (e man mano colpevole), la famiglia di Brody completamente dissestata con Dana a tentare il suicidio.
Ancora: Saul che da guida morale diventa sempre più ambiguo e determinato a proteggere l'interesse superiore rispetto a quello di chi ama di più.
Se nella prima stagione ci chiedevamo se Brody fosse davvero un terrorista e se, nella seconda, eravamo trascinati in una rete di apparenti doppi e tripli giochi che in realtà mascheravano la difficoltà umana dello stesso a scegliere da che parte stare, nella terza stagione guardiamo dentro all'anima dei personaggi.
Un percorso difficile e sicuramente capace di fare perdere in parte il gradimento alla serie.
Quello che emerge, intanto è il parallelo tra Claire e Dana, che entrano in una spirale di follia (la prima sempre presente in passato, la seconda indotta dagli eventi) che pure sarebbe meglio definire di lucidità.
Perchè se il mondo le emargina (Carrie entra nel centro psichiatrico quando Dana ne esce) per la loro tendenza a fare o farsi del male, la realtà è che entrambe hanno compiuto un profondo percorso di domanda, di introspezione, di dolore personale, di delusioni per un mondo che ha cambiato faccia troppe volte.
E il personaggio che più guadagna punti è Dana, che abbiamo visto bambina e ora diventa adulta, pure morbosamente attaccata ad un ragazzo sicuramente problematico ma profondamente alla ricerca di risposte (alla sola e unica domanda: chi sono io e cosa mi rende felice).
Il vederla tastare il tappetino di Brody fa in un qualche modo rabbrividire e ci rende chiaro chi sarà l'elemento principale della stagione, pur senza togliere spazio a Carrie.

Claire Danes è ormai (e forse sarà per sempre) Carrie: instabile, ferita, alla ricerca spasmodica di verità e difesa in un mondo che le si rivolta contro, scegliendo la strada più semplice (Saul sembra volerci dire: non importa se troviamo i giusti colpevoli, importa che diciamo di avere trovato un colpevole e che va tutto bene).
Umanità che troviamo sorprendentemente in Quinn, forse pronto a diventare faro morale della serie (in Homeland c'è sempre qualcuno che lotta per la verità, solo che raramente è chi detiene il potere).

Dopo due puntate Homeland è la sede della Cia: c'è un cratere con grande vuoto (Brody) persone che continuano a lavorare dentro come se niente fosse (Saul, la moglie di Brody) altri che quel dentro se lo portano dentro (Carrie, Dana) e la sensazione che la ricostruzione sarà più dolorosa di quanto si pensi.


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