martedì 3 giugno 2014

[Report] Primavera Sound 2014 - Giorno 1


Per me era la prima volta.
Per il Primavera Sound, 190mila presenze quest'anno, era l'edizione numero 14, che conclude un biennio (segnato dagli hashtag di presentazione bestfestivalever e bestlineupever) che hanno portato la manifestazione allo status più o meno condiviso da tutti di più importante festival (almeno) europeo.
Difficile dire, senza averli visti tutti, se sia vero.
Sicuramente l'impressione è che tutto funzioni in maniera magnifica.
Una location sconfinata (anche se si badi bene, a chi scrive di impervie camminate: i due palchi più estremi stanno nell'ordine di 15-20 minuti massimo l'uno dall'altro, anche considerata la mole di persone che passano), il mare di Barcellona, un'organizzazione che pare invisibile, un quantitativo di palchi difficile da contare (a quelli principali si aggiungono i concerti all'Auditorium, il piccolo ma interessante Hidden Stage, i dj set alla Boiler Room, il minuscolo stand Raybay Unplugged e molto altro, compresa una bella fiera del disco in ingresso, con la Rough Trade a spadroneggiare).
Insomma: il Primavera Sound è un'esperienza da vivere con piacere e se questo è il primo commento per tre giorni di live seguiti dalle 4 del pomeriggio alle 4 o 5 del mattino, vuol dire che è veramente tutto bello.


Così come bello è il cartellone, perfettamente in grado di far vivere a chiunque il "suo" festival: ho già letto di report con scalette completamente diverse dalla mia.
Perchè è tutta questione di scelte.
Nel caso di chi scrive, un buon mix di cose non viste finora e qualche conferma.

Ore 16, giovedì.
Qualche nuvola incrocia il giorno, ma oggi non ce ne accorgeremo.
Braccialetto al polso, card elettronica in tasca, si entra.
Il tempo di studiare il terreno, ammirare il bellissimo palco Rayban (una specie di teatro all'aperto sul mare, con ampio spazio sotto e alte scalinate in alto, che consentono una duplice visione del live), il tempo di inserirci in coda per un ingresso all'Hidden Stage (più tardi Peter Hook rifarà Unknown Pleasures) e mentre ci godiamo l'atmosfera veniamo catturati dal live di questi El Petit De Cal Eril (6 1/2) capaci di offrire uno scanzonato mix tra trombe, atmosfere jazz, qualche accento di Vampire Weekend. Ci ricorderemo di Amb Tot, primo brano già sentito da fuori durante il check, in attesa di entrare.

Rimaniamo in zona per il live di Rodrigo Amarante (6?) che avrà pure fatto belle cose con i Little Joy, ma suona un live ben fatto quanto monocorde. E' quindi tempo di girare un pò, in tempo per sentire al Pitchfork qualcosa di Glasser, completa sconosciuta dalle parti di Bjork: ne parleremo sul blog, pare interessante.
Ma si parte con i big di giornata. Si va dai palchi principali, Sony e Heineken, in una enorme area aperta, di fronte l'uno all'altro, i cui live sono alternati. E' su quest'ultimo che suonano le Warpaint (7) che pure penalizzate dall'ampio stage (la proposta meriterebbe spazi più piccoli ed intimi) propongono un live magari non esplosivo ma solido, piuttosto rock. Discrete.

Le abbandoniamo a fine set per una folle (e divertente) corsa all'Heineken Hidden Stage, dove come detto Peter Hook  (7-) mette in scena lo storico disco dei Joy Division.

Ora: io per primo, di queste riproposizioni non ho infinita stima. Ma lui c'era, all'epoca e Ian Curtis è morto troppo presto, per cui mi concedo il piacere. Del live se ne possono dire due cose: c'è tanto mestiere e tanta energia, forse pure troppa, si raggiunge di tanto in tanto una saturazione di volume non necessaria alla proposta originaria. Ma l'altra è che c'è anche tanto vero sentimento e voglia di rendere onore ad un disco storico e il quasi sessantenne non si risparmia per niente. Per cui, è stato bello.

Serve un attimo di pausa, una sistemata allo storico, perchè poco dopo la mezzanotte, palco Sony, uno dei momenti più attesi del Festival: Arcade Fire (9).

Impressionante la distesa di gente per una band che ha saputo diventare trasversale, interpretare una presenza ormai da grandi palchi e grandi arene eppure creare contatto, rimanere umana, emozionante.
Troviamo comunque un più che accettabile spazio per vedere e seguiamo un live che sarò onesto, nella prima oretta mi faceva pensare, beh, dai, in fondo si sono normalizzati. E' la terza volta che li vedo e nonostante il tuffo al cuore di Rebellion (Lies), mi metto tranquillo. Sbaglio. Al brano sedici il pezzo pop dell'anno scorso, Afterlife, subito dopo It's Never Over diventa un incredibile duetto tra Win e Regine su un piccolo soppalco in mezzo al pubblico, da far stropicciare gli occhi, la stessa si lancia in una già vista quanto piacevole Sprawl II e una chiusura con l'adrenalinica Here Comes The Night Time, seguita da Wake Up, regalano vette di rara bellezza.
Insomma, si dica quello che si vuole, ma c'è poco da dire, numeri uno.

Ci riprendiamo e recuperiamo l'uso delle gambe seduti a vederci i Metronomy (6 1/2) che con un allegro palco, sul Ray Ban, suonano un'oretta di elettro pop riuscito e ben congegnato. Peccato solo che diano la sensazione di non spingere sull'acceleratore (sono tra le tre e le quattro di notte) e quindi rimanga qualche leggero rimpianto.

Sono le quattro e venti del mattino quando sale sul palco Jamie XX per il dj set che chiude la giornata. Elegante e rilassato, lo lasciamo dopo qualche brano, sulle note del celebre remix di Florence And The Machine.

Bisogna recuperare un pò di forze: domani c'è il secondo giorno e il programma è ancora più intenso.

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